L’alchimia è un antico sistema filosofico esoterico che combina elementi di chimica, fisica, astrologia, arte, semiotica, metallurgia, medicina, misticismo e religione. Il pensiero alchemico secondo Mircea Eliade, Arti del Metallo e Alchimia, Torino 1980, è considerato da molti il precursore della chimica moderna prima della nascita del metodo scientifico.
Vi sono tre grandi obiettivi che si proponevano gli alchimisti:
1) Conquistare l’onniscienza
2) Creare la panacea universale, un rimedio cioè per curare tutte le malattie, per generare e prolungare indefinitamente la vita
3) Trasmutare i metalli in oro o argento.
La pietra filosofale, sostanza di tipo etereo (che potrebbe essere una polvere, un liquido o una pietra), era la chiave per realizzare questi obiettivi stando a George Ranque, “La pietra filosofale”, Ed Mediterranee 1989.
L’alchimia, oltre ad essere una disciplina fisica e chimica, implicava un’esperienza di crescita ed un processo di liberazione e di salvezza dell’artefice dell’esperimento. In quest’ottica la scienza alchemica veniva sacralizzata e ricondotta ad un tipo di conoscenza metafisica e filosofica, assumendo connotati mistici e soteriologici, cosicché i processi e i simboli alchemici possiedono sovente un significato interiore relativo allo sviluppo spirituale in connessione con quello prettamente materiale della trasformazione fisica (vd. Omraam Mikhaël Aïvanhov, Il lavoro alchemico ovvero la ricerca della perfezione, 1996, Edizioni Prosveta).
Il termine Alchimia ha tre possibili derivazioni:
1) Dall’arabo al-kimiyah, al-kimiyà o al-khimiyah (الكيمياء o الخيمياء), composto dell’articolo al- e della parola kimiyà che significa “pietra filosofale” e che a sua volta, sembrerebbe discendere dal termine greca khymeia (χυμεία) che significa “fondere”, “colare insieme”, “saldare”, “allegare”, ecc. (da khumatos, “che è stato colato, un lingotto”).
2) Un’altra etimologia collega la parola con Al Kemi, che significa “l’arte egizia”, dato che gli antichi Egiziani chiamavano la loro terra Kemi ed erano considerati potenti maghi in tutto il mondo antico.
3) Il vocabolo potrebbe anche derivare da kim-iya, termine cinese che significa “succo per fare l’oro”.
Nozioni introduttive
Come riporta E. Canseliet ne L’Alchimia. Studi diversi di Simbolismo Ermetico e di Pratica Filosofale. Roma 1985, per comprendere l’alchimia, bisogna considerare come la conversione di una sostanza in un’altra, che formò la base della metallurgia in dal suo apparire verso la fine del Neolitico, appariva, in una cultura senza alcuna conoscenza formale di fisica o chimica, come un’opera magica. Nei tempi remoti, una fisica priva di una componente metafisica sarebbe stata parziale ed incompleta al pari di una metafisica sprovvista di manifestazione fisica. Pertanto, per gli alchimisti non vi fu ragione alcuna di separare la dimensione materiale da quella simbolica o filosofica.
La trasmutazione dei metalli di base in oro (ad esempio con la pietra filosofale o grande elisir o quintessenza o pietra dei filosofi o tintura rossa) simbolizza un tentativo di arrivare alla perfezione e superare gli ultimi confini dell’esistenza. Gli alchimisti credevano che l’intero universo stesse tendendo verso uno stato di perfezione, e l’oro, per la sua intrinseca natura di incorruttibilità, era considerato la più perfetta delle sostanze. Era anche logico pensare che riuscendo a svelare il segreto dell’immutabilità dell’oro si sarebbe ottenuta la chiave per vincere le malattie ed il decadimento organico; da ciò l’intrecciarsi di tematiche chimiche, spirituali ed astrologiche che furono caratteristiche dell’alchimia medievale.
La scienza dell’alchimia ebbe inoltre una notevole evoluzione nel tempo, iniziando quasi come un’appendice metallurgico-medicinale della religione, maturando in un ricco coacervo di studi, trasformandosi nel misticismo ed alla fine fornendo alcune delle fondamentali conoscenze empiriche nel campo della chimica e della medicina moderne.
Fino al XVIII secolo, l’alchimia era considerata una scienza seria in Europa; per esempio, Isaac Newton impiegò molto più tempo allo studio dell’alchimia piuttosto che a quello dedicato all’ottica o alla fisica, per le quali divenne famoso. Tuttavia Newton mantenne sempre un notevole riserbo intorno ai suoi studi alchemici, e non pubblicò mai opere sull’argomento. Fu l’economista John Maynard Keynes che nel 1936 rese pubblici manoscritti newtoniani sull’alchimia, dei quali era entrato in possesso ad un’asta.
Altri eminenti alchimisti del mondo occidentale furono Ruggero Bacone, San Tommaso d’Aquino che scrisse il De Alchimia, Tycho Brahe, Thomas Browne, il Parmigianino, Giordano Bruno, e fra gli ultimi Cagliostro. Il declino dell’alchimia iniziò nel XVIII secolo con la nascita della chimica moderna, che fornì una più precisa e reale struttura per le trasmutazioni della materia, e la medicina, con un nuovo grande disegno dell’universo basato sul materialismo razionale.
La storia dell’alchimia è diventata un prolifico campo per speculazioni accademiche. Via via che l’ermetico linguaggio degli alchimisti andava gradatamente decifrato, gli storici hanno cominciato a trovare connessioni intellettuali tra quella disciplina ed altre componenti della storia culturale occidentale, come le società mistiche, del tipo di quella dei Rosacroce (Vd. Churton, Tobias. <the Golden Builders: Alchemists, Rosicrucians, and the First Freemasons, New York: Barnes and Noble, 2002), la stregoneria e naturalmente l’evoluzione della scienza e della filosofia.
Il processo alchemico
L’opus alchemicum per ottenere la pietra filosofale avveniva mediante 7 procedimenti, divisi in:
4 operazioni:
1) Putrefazione
2) Calcinazione
3) Distillazione
4) Sublimazione
e 3 fasi:
1) Soluzione
2) Coagulazione
3) Tintura.
Attraverso queste operazioni la “materia prima”, mescolata con lo zolfo ed il mercurio e scaldata nella fornace (<i>atanor), si trasformerebbe gradualmente, passando attraverso vari stadi, contraddistinti dal colore assunto dalla materia durante la trasmutazione.
Il numero di queste fasi, variabile da tre a dodici a seconda degli autori di trattati alchimistici, è legato al significato magico dei numeri.
I tre stadi fondamentali sono:
1) Nigredo o opera al nero, in cui la materia si dissolve, putrefacendosi;
2) Albedo o opera al bianco, durante la quale la sostanza si purifica, sublimandosi;
3) Rubedo o opera al rosso, che rappresenta lo stadio in cui si ricompone, fissandosi;
I concetti di Sulphr e Mercurius.
Si tratta, letteralmente, di “zolfo e mercurio”, cioè, nel linguaggio simbolico dell’alchimia, di due essenze primordiali visti nel quadro di un sistema dualistico che ritiene qualsiasi materiale come miscela di questi due componenti, vale a dire di un elemento “in combustione” (zolfo) e di uno “volatile” (mercurio), dotati di gradi diversi di purezza e in un diverso rapporto di mescolanza tra loro. Da Paracelso (1493-1541) venne poi aggiunto un terzo elemento, il sal (il sale), che doveva costituire la tangibilità: quando il legno è in combustione, la fiamma prende origine dal sulphur, il mercurius trapassa in evaporazione, mentre il sal ne è la cenere residua.
Simboli Alchemici
L’universo alchemico è pervaso di simboli, che, intrecciandosi in mutue relazioni, permeano le varie operazioni e gli ingredienti costitutivi del processo per ottenere la pietra filosofale. Così per esempio l’oro e l’argento acquisiscono nell’iconografia alchemica i tratti simbolici del Sole e della Luna, della luce e delle tenebre e del principio maschile e femminile, che si uniscono (sizigia) nella coniunctio oppositorum della Grande Opera (Rebis).
I Simboli Astrologici.
Gli elementi cosmici avevano grande importanza non solo per la loro influenza sui processi alchemici, ma anche per il parallelismo che li legava agli elementi naturali, in base alla detto di Ermete Trismegisto: “ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto”.
Tradizionalmente, ognuno dei sette corpi celesti del sistema solare conosciuti dagli antichi era associato con un determinato metallo.
Il Sole governava l’Oro
La Luna era connessa con l’Argento
Mercurio, Mercurio
Venere, Rame
Marte, Ferro
Giove, Stagno
Saturno, Piombo
Sia i metalli che i corpi celesti erano in relazione con l’anatomia umana e le sette viscere dell’uomo.
Simboli Animali
Nelle illustrazioni dei trattati medievali e di epoca rinascimentale compaiono spesso figure animali e fantastiche. I tre principali stadi attraverso i quali la materia si trasformava, la nigredo, l’albedo e la rubedo erano rispettivamente simboleggiati dal corvo, dal cigno e dalla fenice.
Quest’ultima, per la sua capacità di rinascere dalle proprie ceneri, incarna il <principio del “nulla si crea e nulla si distrugge”, tema centrale della speculazione alchimistica. Inoltre, era sempre la fenice a deporre l’uovo cosmico, che a sua volta raffigurava il contenitore in cui era posta la sostanza da trasformare.
Anche il serpente ouroboros, che si mangia la coda, ricorre spesso nelle raffigurazioni delle opere alchemiche, in quanto simbolo della ciclicità del tempo e dell'”Uno il Tutto” (“En to Pan”).
(Teofrasto Paracelso – A cura di Eiael)